L'approccio sistemico, occupandosi degli aspetti osservabili nella relazione, ha volto la sua attenzione al contesto familiare dove si sviluppa e si organizza la fobia. In particolare è stato evidenziato il valore manipolativo del sintomo fobico , soprattutto nella coppia. Si possono distinguere due situazioni. La prima dove il partner, che svilupperà i sintomi fobici, è considerato il più debole e dipendente dalla relazione; con i suoi attacchi di panico si arriverà ad una apparente inversione di ruoli dove sarà lui a dirigere il comportamento dell'altro. Nella realtà il cambio dei ruoli non nasce da una negoziazione ma come effetto della situazione prodotta dai sintomi, rafforzando ancor di più la preesistente dinamica della coppia, dove il partner debole e dipendente adesso è anche “malato”. La seconda situazione è caratterizzata da un partner che sviluppa i sintomi fobici esibendo un comportamento iperattivo, accentratore, fuggitivo e svalutante nei confronti dell'altro. Ora la persona fobica riconosce di aver bisogno del coniuge, ma solo come infermiere, delega all'altro senza riconoscerne competenze ma solo perchè lui è “malato”. Nella prima situazione si può sviluppare una agorafobia (paura patologica degli spazi aperti); nella seconda una claustrofobia (paura patologica degli spazi chiusi). Molto spesso si ha un quadro sintomatico misto . In entrambe le organizzazioni relazionali il sintomo sembra svolgere una funzione di calibrare la relazione coniugale . Nella persona fobica sono presenti due polarità emotive antagoniste : da una parte il bisogno di protezione da un mondo percepito come pericoloso, dall'altro il bisogno di libertà e indipendenza. Lo stile relazionale è caratterizzato dal tentativo di esercitare un controllo unidirezionale sugli altri. La persona sviluppa un atteggiamento ipercontrollante verso le emozioni proprie ed altrui. Sebbene la persona fobica riesce a dare importanza ai legami affettivi, non riesce a padroneggiare gli aspetti emotivi connessi a tali relazioni significative
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